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martedì 27 settembre 2016

La Roma di Dante: il Campidoglio e la Rupe Tarpea!

Buongiorno a tutti.

Oggi torniamo a parlare dei LUOGHI DI DANTE, e concludiamo la parte relativa a Roma.

E per concludere ci dedichiamo ad uno dei luoghi-simbolo della città: il CAMPIDOGLIO.
Il Poeta, nelle sue opere cita più volte il colle capitolino. Ma per farlo, usa un'espressione sineddotica (cioè, ne indica una parte per indicare il tutto): la Rupe Tarpea.

La Rupe Tarpea è una parete rocciosa posta tuttora ai piedi di un lato del Campidoglio, un balzo da cui anticamente i Romani (almeno secondo la leggenda) erano soliti buttare giù i traditori.



Però, già anticamente, quando si parlava di "Rupe Tarpea", gli scrittori intendevano riferirsi a tutto il colle (vedi, per esempio, Virgilio, Eneide, VVV, 347).



Dante utilizza dunque, questa stessa espressione con le stesse modalità, in Monarchia, II, IV, 8, in Epistulae, VII, 5, e in Purgatorio, IX, 137.
Limitiamoci a quest'ultimo passo.

Secondo il racconto di Lucano (Farsaglia, III, 114 sgg.), Giulio Cesare, volendo depredare il denaro pubblico di Roma, penetrò nel luogo dove era riposto, e cioè nel tempio di Saturno posto sopra il Campidoglio. Questo, dopo essersi facilmente liberato del tribuno della plebe, Metello, che vi era stato messo a difenderlo.
Sempre secondo Lucano, le porte del tempio, quando furono aperte, fecero un grosso stridore:

Tunc rupes Tarpeia sonat magnoque reclusas
testatur stridore fores ... 

Il senso era chiaro: quelle porte non venivano aperte molto spesso.
Bene. Dante utilizza un'espressione molto simile per indicare l'apertura delle porte del Purgatorio.
Quando l'angelo portinaio apre il portone del Purgatorio per far passare Dante e Virgilio, questi ultimi possono sentire uno stridore simile a quello fatto dalla porta aperta da Giulio Cesare sul Campidoglio. Anche le porte del Purgatorio infatti, non vengono aperte molto spesso, perché non sono molti quelli che, morendo, vanno a finire tra i salvati:

E quando fuor ne' cardini distorti
li spigoli di quella regge sacra,
che di metallo son sonanti e forti,

non rugghiò sì né si mostrò sì acra
Tarpëa, come tolto le fu il buono
Metello, per che poi rimase macra.


 Dante davanti la porta del Purgatorio
di Priamo della Quercia 
http://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/ILLUMIN.ASP?Size=mid&IllID=56706

E con questo episodio, concludiamo i riferimenti danteschi a Roma.
Ma ci rivedremo presto per parlare di nuovi luoghi.

Saluti.
Alla prossima.


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