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lunedì 24 ottobre 2016

Il Lazio di Dante: il Monte Soratte!

Ben ritrovati!

Oggi torniamo a parlare dei LUOGHI DI DANTE.

Abbiamo concluso la parte relativa a Roma, così ci allarghiamo nel Lazio, verso Nord.


Più precisamente ci avviamo lungo la via Cassia, che era la strada utilizzata nel Medioevo per andare in Toscana partendo da Roma.
Arrivati vicino Viterbo (ma ancora in provincia di Roma), troviamo il Monte Soratte, una montagna alta 691 metri che, per la sua posizione (si staglia isolata e ben visibile in mezzo alla Valle del Tevere) ha da sempre stimolato l'interesse e la curiosità di artisti e scrittori.
« Vedi, che il gelido Soratte è candido di neve rigida...... », scriveva già Orazio (traduzione di Leopardi).



Il silenzio e la solitudine del luogo lo avvolgono in un'atmosfera mistica.
Nel Medioevo era diventato luogo di meditazione di eremiti e monaci. Ma già i Romani vi avevano costruito un tempio di Apollo. Su questo tempio, nel VI secolo d.C., vi fu costruito l'eremo di San Silvestro, tuttora visitabile


E qui arriviamo a Dante.
Sì, perché pare che il papa Silvestro I (da cui deriva il nome dell'eremo) si sarebbe rifugiato in una delle grotte del Monte Soratte per difendersi dalle persecuzioni di Costantino. E pare che poi, proprio a Silvestro Costantino si sarebbe rivolto per farsi guarire dalla lebbra.
Entrambe leggende, ma che Dante accoglieva.


A citare il monte Soratte è Guido da Montefeltro, nell'Inferno.
Anche lui era stato chiamato in aiuto da qualcuno.
Però, mentre il papa Silvestro era stato chiamato dal laico Costantino, il laico Guido da Montefeltro era stato chiamato da un papa, il PAPA BONIFACIO VIII.
E così come Costantino era andato sul monte Soratte per chiedere a Silvestro di guarirlo dalla lebbra, allo stesso modo Bonifacio aveva chiesto a Guido di guarirlo da una febbre, la "superba febbre" di potere! 

Bonifacio infatti, gli aveva chiesto di spiegargli in che modo poteva combattere e vincere in guerra i suoi nemici Colonna:


Ma come Costantin chiese Silvestro
d'entro Siratti a guerir de la lebbre,
così mi chiese questi per maestro

a guerir de la sua superba febbre;
domandommi consiglio, e io tacetti
perché le sue parole parver ebbre.

Il paragone aveva un senso, perché dopo che Silvestro aveva guarito Costantino, quest'ultimo, per gratitudine, aveva donato alla Chiesa il potere temporale, cosa che -secondo Dante- aveva portato al disastro contemporaneo e che era stato il punto d'inizio della brama di potere dei papi (tra cui Bonifacio).

Per chi vuole approfondire, consiglio questo video:

 

Come sempre, vi invito a visitare la pagina IL MONDO DI DANTE su Facebook e a porvi il MI PIACE.

Saluti.
Alla prossima.


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